L’opera iconografica di Theodore de Bry

Paola Farinella Grana

L’attività di Theodore de Bry si colloca nell’ampio scenario storico, socioculturale e ideologico-religioso, che caratterizzò l’Europa a seguito delle scoperte di Colombo. I popoli amerindi avevano suscitato un tale stupore che, per collocarli in un quadro intelligibile, si chiamarono in causa gli stereotipi immaginifici di mostri e cannibali diffusi dai testi medievali sull’Oriente, ancora circolanti.

Un aspetto più originale della raffigurazione interessò invece la sfera iconologica, resa in termini di peculiarità nazionali e locali, in cui l’immagine dell’indigeno acquisì sfumature simboliche, sia nell’ambito celebrativo ed encomiastico dei potenti, sia nelle contestualizzazioni narrative figurate di matrice popolare, utilizzate come strumento di persuasione da parte dei movimenti religiosi protestanti e cattolici. L’opera iconografica del de Bry s’inserisce in quel filone della produzione di immagini sul Nuovo Mondo, al confine tra intento artistico, documentario e simbolico, che, riconoscendo ai popoli autoctoni originalità e fascino, voleva sottrarli, mediante la rappresentazione, al tentativo di negare la loro identità umana.

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