La Cicceide, autentico capolavoro della poesia burlesca ed enigmatica, poema maliziosamente allusivo e godibilmente osceno, uscì per la prima volta, illegittimamente, nel 1688, con attribuzione a Giovanni Francesco Lazzarelli da Gubbio, vissuto tra 1621 e 1693.
A dir poco travagliata è la storia editoriale di questa celebre opera, che ci diverte ancor oggi. Siamo a Venezia, nella seconda metà del Seicento. Il lucchese Francesco Coli, correttore di bozze, fa stampare – senza licenza, omettendo la data, falsificando convenzionalmente l’indicazione del luogo (Cosmopoli) – i testi manoscritti di Lazzarelli che circolavano liberamente, da oltre vent’anni, fra gli amici del magistrato. Grazie anche al tempestivo intervento di quest’ultimo presso la Congregazione dell’Indice, nel 1690, l’operetta – peraltro già esaurita o fatta rapidamente sparire dallo stesso Coli, quindi subito estremamente rara – viene messa al bando.
“Comunque la prima edizione de La Cicceide fu qualificata ufficialmente ‘illegittima’ ed iniziò la propria carriera La Cicceide legittima,edita anonima, ma a cura di Lazzarelli e col tacito interessamento del cardinale Pamphilj. Questa seconda edizione risulta ampiamente modificata nel testo, purgata di 27 componimenti e degli indovinelli, ben fornita di puntini sostitutivi di taluni vocaboli, ed arricchita di 129 sonetti composti negli ultimi anni. In tal modo i rischi di un intervento della Congregazione dell’Indice furono ridotti al minimo, e d’altra parte la disposizione più ordinata e corretta delle poesie ne accrebbe il pregio estetico letterario. In conclusione, una sapiente operazione di plastica che mutò il volto ridanciano dell’originale in un volto un poco più serio, più contenuto e assai meno spontaneo” (F. Bandini, Gio. Francesco Lazzarelli e la Cicceide “illegittima”, in Divagazioni Bibliografiche, Milano, Edizioni Rovello, 1997, pp. 45-46).
Non occorre però avere tra le mani la prima edizione, in questo caso, perché anche le successive, come La Cicceide legittima. Nuova edizione accresciuta d’alquanti Sonetti, stampata a L’Aja nel 1766, possono comunque riservare motivi di interesse, sia dal punto di vista della critica testuale, che sul versante bibliografico. Divisa in due sezioni (Le testicolate e Le sghignazzate),questa Cicceide tarda,pur emendata e rimaneggiata rispetto all’edizione Cosmopoli, mantiene sufficientemente integra la propria straordinaria vis satirica, nell’impietoso ritrarre il magistrato Bonaventura Arrighini, che fu uditore di Rota, insieme con Lazzarelli, a Macerata, nel 1661. A una lettura attenta, infatti, non è difficile riconoscere, nel curioso personaggio di don Ciccio, proprio lo sventurato Arrighini. Da La Concezione di D. Ciccio (IV) alla Bizzarria della natura in formar D. Ciccio (VI), dalla pungente descrizione di D. Ciccio (XX) a La struttura corporale di D. Ciccio (LXXIV), la burla si manifesta senza alcuna pietà, attraverso lo stile puro ed elegante e il verseggiare facile e fluido, ben evidenziati da J. Lacombe nel suo Dizionario portatile delle Belle Arti (Venezia, Remondini, 1758).
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