Renato Argelà
Spesso gli storici si chiedono se, nel divenire del sapere umano, prevalgano momenti di frattura oppure decise linee di continuità. La questione interessa naturalmente anche la storia delle scienze biomediche dal Cinquecento al Settecento, costellata di opere che hanno rappresentato, fin dal loro apparire, un elemento di assoluta novità: sono i libri-manifesto, ciascuno dei quali sconvolge i consolidati schemi delle conoscenze acquisite, senza però rescindere i legami con la tradizione. Ad esempio, l’Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus (1628), di William Harvey, opera che ha dettato i tempi di un’autentica rivoluzione scientifica, presenta un contenuto – la teoria della circolazione del sangue – innovativo e dirompente, poiché applica all’indagine sul flusso del sangue l’approccio della nuova fisica, pur restando ancora vincolato al finalismo medievale e al vitalismo d’impianto rinascimentale.
Inserendosi così in un dibattito storiografico ancora attuale, Renato Argelà traccia qui una sintetica, ma esaustiva storia della medicina di età moderna, attraverso l’uso di uno stile apprezzabile anche dal lettore non specialista e adottando i registri metodologico-interpretativi propri della storia della cultura di scuola anglo-europea.
I quaderni di Minerva /6